Storia
minima della gastronomia ischitana
Oggi ad Ischia sembra tutto semplice: i “beati voi
che vivete in quel paradiso” si sprecano da ogni
dove con tanta ammirazione e, probabilmente, anche un
pizzico d’invidia. Ma Ischia non ha sempre goduto
del suo attuale benessere derivante dal turismo. Prima
degli anni ’60, quando uomini come Angelo Rizzoli
a Lacco Ameno e Vincenzo Telese ad Ischia capirono che
le bellezze dell’Isola ed il suo stesso sottosuolo
rappresentavano la vera ricchezza del futuro, qui si viveva
di pesca ed agricoltura; due attività che hanno
fortemente caratterizzato anche la rinomata tradizione
gastronomica ischitana.
Proprio nei periodi in cui non erano esattamente “rose
e fiori”, la creatività ischitana emergeva
anche a tavola, sebbene solo per far di necessità
virtù. Il rinomato pane e cipolla, sinonimo attuale
di parca mensa, era un pasto frequente nelle nostre famiglie,
specie in tempi di guerra: costava poco e saziava. E la
tradizione contadina di un’Isola dove l’agricoltura
estensiva non è mai esistita e ciascuno ha sempre
coltivato il suo lenzuolino di terra, valorizzava anche
“’o ppane sotto ‘e fasule”, ovvero
le fette di pane posato, abilmente “riciclate”
mettendole a spugnare nel liquido di cottura dei fagioli
bolliti.
Lo stesso coniglio, che tuttora cresce allo stato brado
alle falde dell’Epomeo (da qui la forte tradizione
venatoria dell’Isola, importante luogo di passo,
tra l’altro, della beccaccia, del tordo, della quaglia
e della tortora), ha rappresentato un punto cardine dell’agricoltura
ischitana. Il coniglio all’ischitana e la sua tradizione
di piatto domenicale per eccellenza, mantiene tuttora
in vita tantissimi piccoli allevamenti di privati i quali,
con passione certosina, ancora si affannano a raccogliere
palieri dovunque e garantire così un pasto sano
alle proprie fattrici. E c'è da dire che da qualche
anno a questa parte è tornato in auge ad Ischia
l’allevamento del coniglio di fosso. Un tempo, infatti,
i contadini realizzavano profondi fossi nel terreno e
lì lasciavano crescere una particolare razza di
conigli che, nello scavare profonde gallerie e cibati
esclusivamente di erba, conservavano quasi intatto il
proprio stato brado: il tutto, a pieno vantaggio del sapore
della carne, dura da staccare dall’osso e di sopraffino
sapore.
Ma la fame, in quel tempo, faceva uscire il lupo dalla
tana anche per le pietanze di mare. Sai, ad esempio, come
nasce il cosiddetto "pesce all’acqua pazza"?
È un piatto tutto ischitano, nato dal fatto che
non tutti potevano permettersi un pasto a base di pesce;
e allora i meno abbienti attendevano con ansia il rientro
dei pescatori di saraghi, ai quali chiedevano con grande
umiltà "nu poco 'e murzillo", ovvero
gli avanzi dell’esca rimasti attaccati agli ami
dopo la pesca. I più fortunati riuscivano così
a racimolare tanti piccoli murzilli di alici o sarde che,
cotti in acqua, aglio, peperoncino e prezzemolo, erano
una rara autentica leccornia, scopiazzata ed adeguata
ai tempi da molti maestri dei fornelli.
A queste radici, semplici ed orgogliose, s'ispira la cucina
ischitana, anche nelle sua versione contemporanea, sempre
accompagnata dai profumi ed i colori dell'isola.
Buon appetito!
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